Gin Vitro: un nuovo modo di fare gin

Gin Vitro nasce in un momento sospeso nel tempo, durante il silenzio del lockdown. È la storia di una sfida condivisa tra amici, di un’intuizione nata tra algoritmi, microscopi e memorie d’estate. Un gin che unisce laboratorio e territorio, dove le botaniche incontrano un design che parla la lingua della scienza. Ma soprattutto, GinVitro è un’idea concreta di innovazione: non solo un gin diverso, ma un progetto che cambia le regole del gioco.

È la storia di un gruppo di amici di vecchia data, tra cui Gianmarco Barberi, Enrico Greco e Marco Mercuri, che decidono di creare qualcosa insieme. Non un passatempo, ma un progetto vero, dove passione, competenza e un pizzico di incoscienza si mescolano per dare vita a qualcosa di nuovo. Non solo un gin, ma un modo diverso di pensarlo, produrlo e raccontarlo.

Fin dal principio, GinVitro non è stato solo una bevanda. È stato un esperimento. Un gesto di ricerca. Durante il lockdown, Enrico Greco, uno dei soci fondatori,  ha deciso di studiare qualcosa che fino a quel momento non conosceva affatto: l’AI e nuovi algoritmi.Un’idea nata in un momento di pausa forzata, che è diventata il cuore scientifico del progetto.

Le indicazioni dell’algoritmo sono state la base di partenza per la creazione del primo gin, ma non bastavano da sole. A quel punto è entrata in gioco l’esperienza personale e il legame con il territorio, ad esempio l’estratto di pomodoro secco è uno di questi esempi: un ingrediente che nessuno prima era riuscito a integrare in un distillato. Eppure, funziona. Non solo chiude il cerchio del gusto, ma lo apre a nuove interpretazioni. Altra scelta audace è la resina di pistacchio di Bronte, un elemento ancora poco esplorato nel mondo beverage, ma con grandi potenzialità aromatiche e funzionali. È anche un omaggio alla Sicilia e alle radici di Enrico Greco, un modo per rendere il gin un prodotto che parla anche di territorio.

Il metodo scientifico non è solo una suggestione estetica. È parte integrante del processo. Enrico Greco ha sviluppato un algoritmo per selezionare le botaniche in base a criteri di equilibrio, compatibilità e innovazione. Ogni ricetta è frutto di calcolo e intuizione. La replicabilità, concetto chiave nel mondo scientifico, qui diventa garanzia di qualità.
In più, il processo produttivo è stato ottimizzato per ridurre il consumo di calore, acqua e materiali. Un sistema più sostenibile e più rispettoso delle botaniche. Meno sprechi, più resa. La tecnologia, qui, è alleata del gusto.

GinVitro non è nato per restare fermo a un prodotto solo. Altri progetti sono già in lavorazione, sempre con lo stesso approccio: partire da un concetto, non da una moda. Per il primo gin si è partiti dall’idea di freschezza e d’estate. Il pomodoro, emblema alimentare dell’estate italiana, ha dato forma e sapore a questa visione. È un lavoro di memoria e territorio, non solo di gusto.

Cosa verrà dopo? Per ora non si può dire troppo. Ma la direzione è chiara: continuare a unire scienza, design e intraprendenza. Non basta essere diversi, bisogna osare davvero.

Alla fine, Gianmarco lo dice senza giri di parole: «Ci piacerebbe che GinVitro fosse ricordato per la bontà, ma anche per aver sdoganato certi tabù. Per l’intraprendenza. Per aver proposto un nuovo modo di fare gin».
E, aggiungiamo noi, per aver mostrato come anche in un momento fermo, si possa muovere qualcosa. Basta il coraggio di mescolare idee, competenze e un pizzico di visione.

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